La “grandezza” di Rigoni Stern, il “francobollo” di Luca Zaia

Oggi con profonda venerazione  celebriamo il  100° della nascita di Mario Rigoni Stern (1 novembre 1921 – 16 giugno 2008): scrittore illustre, personaggio straordinario, interprete autentico della civiltà della montagna, la cui amicizia e frequentazione per anni ho avuto l’onore di  apprezzare arricchendomene intensamente. Al di là della mia professione giornalistica, in questo rapporto “diretto” con lui devo tutto (o quasi) alla sensibilità del compianto Checo De Luca (eminente cittadino  di Belluno con la sua Sala di cultura a Borgo Pra) e all’iniziativa di Walter Pilotto (punto di riferimento dell’editoria bellunese e della cultura feltrina), i quali – entrambi – mi hanno “aiutato” a conoscere da vicino Rigoni Stern, che già attraverso  i figli miei coetanei  avevo avuto modo di avvicinare in punta di piedi (e di penna se così si può dire).

Ricordo quindici anni fa di essere stato suo ospite ad Asiago in occasione degli 85 anni. Ricordo le sue parole, sempre affettuose e ricche di futuro, relativamente al ruolo rilevante delle Comunità montane  in quanto enti di autogoverno dei territori montani. Ricordo le sollecitazioni di autorevoli personalità volte a farlo nominare senatore a vita e ad insignirlo del premio Nobel della letteratura. Ahimé senza successo. 

Ricordo questi “flash” di vita vissuta, e con estrema delusione registro le parole del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, il quale (comunicato stampa n. 1982) così commenta il  100° della nascita di Rigoni Stern:   “Plaudo – dichiara Zaia – alla decisione di Poste Italiane di dedicargli un francobollo”!!! Poveri  noi veneti (d’accordo che Mario R.S. faceva parte della giuria del premio internazionale di filatelia che si tiene  ogni anno sull’Altopiano…). Ma un francobollo, soltanto?

Grande onore, allora, allo scrittore e alle sue poliedriche testimonianze, non solo di carattere letterario che gli studiosi stanno scandagliando. A me che (per il mio “Vivere in quota” e il periodico “Comunità montana”) gli chiedevo “Ghe rivarem a baita?” così Rigoni Stern rispondeva:

«La montagna è la mia terra, la mia vita. Ma – dalla Francia alla Svizzera e anche in Austria e in Italia – no, non vedo una cultura alpina in estinzione. Parlo della coltivazione della montagna, della vita in montagna, non dei fine settimana nella seconda casa o nei “residence”, ma di chi va in malga, nel bosco, di chi lavora sulle strade, delle guide alpine o dei maestri di sci».

– Lei, Rigoni Stern, manifesta ottimismo, ma a Roma si parla di semplificare, razionalizzare gli assetti amministrativi della montagna.

«Sarebbe un grande errore! I piccoli Comuni, le Comunità montane sono presidi della montagna. Non sono mica disponibili, i presidi della montagna. È la presenza dei montanari che fa vivere la montagna. Questo, nella mia vita, l’ho riscontrato visitando tutte le Alpi, dal Colle di Tenda ai confini con la Slovenia. Dove la gente rimane, la montagna vive. Dove la gente va via, la montagna muore. E questo è un pericolo per chi vive in pianura. Non lo si dimentichi: la montagna abbandonata provoca catastrofi…».

Una lezione a tutto tondo. Grazie, mille grazie, Mario Rigoni Stern. Come sempre, lei «sapeva di cosa stava parlando»! (Gian Antonio Stella, “Corriere della Sera” 29.10.2021).  

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